Storia dell'Asinara - Il periodo medioevale

Il Castellaccio

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Dopo la caduta dell'Impero Romano la Sardegna, passò prima in mano ai Vandali e successivamente fu annessa all'Impero Bizantino nel 535. Risalgono a questo periodo, dal 711 d.C., le prime incursioni arabe, che nonostante il tentativo di resistenza, costrinsero la popolazione sarda a ritirarsi verso il centro della Sardegna abbandonando le coste e le isole. Scorrerie ed incursioni arabe si protrarranno per circa 300 anni.
Nel frattempo la Sardegna era stata organizzata in 4 Giudicati, quasi dei veri stati essendo entità con poteri assoluti e governati da Re chiamati Giudici. L’Asinara con l’isola Piana faceva parte del giudicato di Torri (Torres). L'organizzazione della Sardegna in Giudicati non facilmente collocabile temporalmente. L'unica certezza si ha da una lettera che Papa Gregorio VII inviò il 14 ottobre 1073 ai quattro Giudici (Orzocco, Torchitorio, Mariano, Costantino).
I tentativi di conquista da parte degli islamici si protrassero fino al 1015, quando l'ennesimo tentativo da parte di Mujāhid scatenò l'intervento di Pisa e Genova, che respinsero l'esercito di Mujāhid. Iniziò così il periodo delle Repubbliche Marinare in Sardegna. Ripresero anche i contatti dell'isola con la Chiesa romana, che era stata sostituita da quella Ortodossa nel periodo Bizantino.
In questo periodo diverse famiglie, specialmente liguri e toscane, si stabilirono sull'isola, attirate dai facili guadagni che la Sardegna allora prometteva. Fra queste i Malaspina, marchesi di Lunigiana, che pare abbiano fatto erigere il castello denominato 'il Castellaccio' che domina l'intera rada da un'altura di 215 metri, mimetizzato con le rocce granitiche su cui è stato costruito per il controllo dello stretto di Fornelli. Non è tuttavia certa l'attribuzione della costruzione del castello a questo periodo storico; secondo altre fonti potrebbe essere stato eretto successivamente. E' invece sicuramente del periodo attorno al 1100 la costruzione del convento di Sant'Andrea, prospiciente l’omonima Cala ad opera di alcuni monaci pisani, camaldolesi, provenienti dall’abbazia di San Michele in Borgo. Il convento nel corso dei secoli è andato in rovina e non ne restano che pochi ruderi.